10 marzo 2014

Alcuni dubbi sulla normativa sul farmaco veterinario. A vantaggio di chi?

Lo scandalo dell'Avastin, farmaco destinato alla cura oculistica ma per cui l'Agenzia Italiana del Farmaco prevedeva l'uso di un prodotto identico nella composizione ma molto più costoso, non è che uno dei tanti scandali che abbiamo avuto nel corso degli anni a carico del Ministero della Salute soprattutto nei risvolti dell'attività destinata al farmaco.

In veterinaria ci sono anche altre situazioni di spreco di denaro, questa volta privato, che non riusciamo a capire, e che alla fin fine producono un vantaggio per le industrie farmaceutiche. Eccone due esempi:

1) i farmaci veterinari sono spesso confezionati in un flacone multidose, con un tappo perforabile di gomma che ne consente il prelievo in frazioni separate. Ad esempio il flacone è da 50 ml, io ne uso 10 per volta, prelevo tranquillamente le mie cinque dosi da un flacone.

In Italia, che mi risulti l'unico paese al mondo, se io prelevo 10 millilitri da quel flacone devo utilizzare il restante flacone entro 28 giorni. 

Allo scadere dei 21 giorni dovrei buttare il flacone. Il Ministero giustifica una norma del genere con un possibile inquinamento batterico o una perdita di efficacia del prodotto. Invece la perdita di efficacia non esiste, nessuno ha mai rilevato problemi legati ad un possibile inquinamento batterico, questa regola non ha alcun senso pratico.

Paradosso estremo, la stessa norma si riferisce anche al farmaco utilizzato per le eutanasia. In altri termini, se utilizzo 5 ml di questo farmaco per un'eutanasia, farmaco contenuto in un flacone da 50 ml, allo scadere del 28º giorno io dovrei buttare tutto il flacone se non lo avessi utilizzato interamente. 

Il farmaco funziona invece normalmente anche dopo 28 giorni, e mi pare il ragionamento più idiota del mondo pensare che possa essere un problema l'eventuale presenza di batteri in un animale che deve purtroppo essere comunque sottoposto ad eutanasia: l'infezione, mi dispiace, non potrà più fargli del male.

Perché una norma del genere? In questi giorni si sente parlare di lobby delle ditte farmaceutiche. Qualcuno può garantire che non è questo il caso? Eppure, ne risulta un vantaggio indubbio del consumo, aumentato in maniera abnorme. Ovviamente, anche usando confezioni più piccole, questo vantaggio aumenta ancor di più, perché i prezzi sono proporzionalmente maggiori.

2) esistono farmaci che hanno identica composizione ma diverso nome e mercato, destinati all'uomo o agli animali. Io sospetto anche che escano dalla stessa officina di fabbricazione, che il principio attivo venga acquistato dallo stesso produttore, e ricevano poi due confezioni diverse, una destinata al mercato veterinario, l'altra a quello umano. In ogni caso il farmaco è lo stesso, identico.

Molte volte c'è però una differenza di prezzo, più volte denunciata dai veterinari, anche di quattro o cinque volte, e quello veterinario è sempre più caro, con grande danno per i consumatori.

La legge impone però al veterinario di prescrivere il farmaco veterinario e non quello umano. Quali i motivi?

Anche qui, il sospetto di una regalia fatta alle industrie del farmaco è alto. In questo caso esiste anche un'altra dinamica, appoggiata anche da associazioni veterinarie: il veterinario può dispensare al proprietario dell'animale il farmaco veterinario, ovviamente non quello umano. Questo fa sì che un obbligo di questo genere, comporti un guadagno scorretto da parte delle aziende farmaceutiche e "corretto" da parte del veterinario, che certamente non ha colpa in questo spreco così stupido sempre ai danni del proprietario degli animali.

Ci sono anche altre stranezze, a dire il vero. Ad esempio, periodicamente, sulle riviste di settore o in incontri con i veterinari, vengono fuori lamentele destinate alle ridotte segnalazioni di effetti avversi da parte di farmaci veterinari, la cosiddetta farmacovigilanza.

In altri termini, se un veterinario rileva che un farmaco produce effetti indesiderati, oppure non funziona bene, magari è dannoso per l'animale, lo dovrebbe segnalare tramite un apposito sistema che coinvolge il Ministero, destinato all'analisi di questi effetti indesiderati

Ora pensateci bene: qual è il fine di un sistema del genere?
Ovviamente, impedire che questi effetti vadano oltre, che si interrompa la somministrazione da parte dei veterinari di questi farmaci, che hanno dato luogo a problemi nel loro uso. Ma basta leggere il sito del Ministero della Salute per capire che non è così: se il fine fosse questo, che cosa farebbe una persona dotata di buon senso? Ovvio, in qualche modo avviserebbe gli altri professionisti per fare interrompere o modificare questa somministrazione potenzialmente pericolosa.

Ma il sito è chiaro su questo argomento: niente relativo alle segnalazioni o alla conclusione dell'istruttoria, all'esito definitivo, viene pubblicato. Niente. Ma proprio niente! In altri termini, si annulla il fine primario, quello di prevenire un danno all'animale e in fondo al suo proprietario. Niente verrà comunicato al proprietario dell'animale morto per effetto indesiderato, niente verrà comunicato a tutti i professionisti. 

Perché? Forse per non danneggiare le aziende farmaceutiche come affermato al Ministero della Salute durante una riunione Assovet? (clicca qui)

Poi ci si lamenta del fatto che il veterinario, utilizzando il tempo proprio, non ricompensato da nessuno, debba mettersi lì a fare tutta la segnalazione e invece non la faccia. E per che motivo? Nemmeno potrà essere di aiuto ad altri colleghi, che senso avrebbe?


Non è la prima volta che scrivo di queste cose, già avevo suscitato le reazioni di AISA e Ministero della Salute a proposito della questione Unisvet, ricevendo generiche affermazioni a difesa. Anche Assovet aveva protestato. contro il considerare "farmaci" e non molecole nella normativa, mossa a vantaggio dell'industria farmaceutica.

Arriverà prima o poi il momento in cui qualcuno si interesserà di questi fatti? Attendiamo davvero con la schiena diritta..

2 commenti:

Lorenzo ha detto...

Striscia la Notizia (forse) se ne occupò, ma senza grandi effetti. Anche cercando in google " costo farmaci veterinari" esce qualche cosa. http://www.valeriostaffelli.it/al-cane-non-posso-dare-i-farmaci-per-gli-umani/

giuseppe ha detto...

ad esempio in apicoltura: sino a pochi anni fa si poteva utilizzare l'acido ossalico puro per contrastare la varroasi, miscelandolo con acqua e zucchero.
Successivamente il ministero ha vietato questa pratica e (citazione da circolare dott.ssa Ferri) "ha sensibilizzato con fermezza le aziende del settore al e di giungere alla registrazione nazionale di una nuova specialità veterinaria contenente acido ossalico....".
Con il risultato che adesso sul mercato c'è un prodotto registrato che in pratica è acido ossalico, è l'unico prodotto utlizzabile con questo principio attivo, e costa trenta volte di più del normale prodotto (che peraltro è in libera vendita quale normale prodotto chimico).